L’UE CONTRO LE MICROPLASTICHE. IN ARRIVO 7 NUOVI REGOLAMENTI

L’UE CONTRO LE MICROPLASTICHE. IN ARRIVO 7 NUOVI REGOLAMENTI

Per la prima volta uno studio italiano, pubblicato sul New England Journal of Medicine, dimostra la presenza delle plastiche nella placche aterosclerotiche delle arterie.

Per la prima volta il danno causato dalle micro e nanoplastiche sulla salute umana è stato provato scientificamente grazie a uno studio italiano che ha individuato la presenza delle plastiche nella placche aterosclerotiche delle arterie. Ideato e coordinato dall’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” in collaborazione con vari enti, lo studio è pubblicato su The New England Journal of Medicine che, in un editoriale, definisce la scoperta “rivoluzionaria”. E che solleva una serie di domande urgenti: «l’esposizione a microplastiche e nanoplastiche può essere considerato un nuovo fattore di rischio cardiovascolare? Quali organi oltre al cuore possono essere a rischio? Come possiamo ridurre l’esposizione?», scrive l’epidemiologo Philip J. Landrigan, fondatore e direttore del Global Public Health Program del Boston College e del Global Pollution Observatory all’interno dello Schiller Institute for Integrated Science and Society, che firma l’editoriale.

Le microplastiche sono già state individuate in vari organi e tessuti umani, dalla placenta al latte materno, dal fegato ai polmoni, compresi i tessuti cardiaci. Lo studio italiano rivela però per la prima volta la loro presenza perfino nelle placche aterosclerotiche ,  depositi di grasso nelle arterie pericolosi per il cuore, e fornisce soprattutto prova inedita della loro pericolosità. Con effetti gravissimi: la percentuale di rischio di infarto e ictus è risultata più che raddoppiata.

Lo studio ha coinvolto 257 over 65 seguiti per 34 mesi dopo un intervento di endoarterectomia alle carotidi, procedura chirurgica per rimuovere le placche che occludono i vasi, poi osservate al microscopio per valutarvi la presenza di nanoplastiche. L’analisi «ha dimostrato la presenza di particelle di polietilene (Pe) a livelli misurabili nel 58.4% dei pazienti e di particelle di polivinilcloruro (Pvc) nel 12.5%», dichiara Giuseppe Paolisso, coordinatore dello studio e ordinario di Medicina Interna alla Vanvitelli. Questi sono due dei composti plastici di maggior consumo nel mondo, utilizzati per realizzare prodotti che vanno dai contenitori ai rivestimenti, dalle pellicole a materiali per l’edilizia.