LA SFIDA PER CAMBIARE L’E-COMMERCE: PERCHE’ LA SOSTENIBILITA’ VIENE PRIMA

Il commercio digitale ha costruito il suo successo su consegne veloci e garanzia di prodotti integri, anche a costo di essere più inquinante. Ma cambiare è possibile. Lo chiede l’ambiente, ma anche i clienti
Sondaggi, report, statistiche: le rilevazioni che fotografano i comportamenti dei consumatori descrivono l’importanza crescente della sostenibilità nelle scelte di acquisto. Una sensibilità sempre più trasversale ai settori commerciali e ai segmenti di clientela. Un trend affine al boom del commercio elettronico: in costante espansione negli ultimi anni, è diventato un canale d’acquisto davvero universale con la pandemia. Al momento, però, presenta problemi di impatto ambientale. Per diventare uno strumento green, le aziende che ne fanno uso possono adottare soluzioni diverse, tra l’altro spesso utili a ottimizzare costi e conquistare i clienti. Non è facile, ma un e-commerce sostenibile è possibile: ecco come e perché.
I consumatori cercano la sostenibilità
Quasi sette italiani su dieci si definiscono sempre più attenti alle questioni ambientali e quasi otto su dieci ritengono che le aziende debbano considerarle all’interno del proprio business. Sono dati dell’istituto di ricerca Ipsos che inquadrano come la sostenibilità sia entrata nelle scelte di acquisto dei consumatori italiani, in linea con quanto avvenuto in quasi tutto l’Occidente. Prodotti a filiera corta, distinti dai concorrenti per avere un marchio “eco-label” o per essere “equi e solidali” sono ormai sempre più diffusi e sempre più gettonati. La loro vendita passa spesso dalla distribuzione online: l’e-commerce sta affiancando, e in alcuni settori superando, i luoghi fisici d’acquisto.
Combinare crescita e ambiente
L’e-commerce “business to consumer” vale oggi circa tremila miliardi di euro a livello mondiale. In questi ultimi anni, a spingere i consumatori a scegliere il commercio elettronico sono stati alcuni fattori come la diffusione di nuove soluzioni tecnologiche, le alleanze tra gli operatori del settore, l’integrazione degli strumenti digitali nei sistemi di vendita di molte imprese “fisiche”. Adesso, per intercettare le nuove tendenze nelle scelte di acquisto legate alla sostenibilità, il mercato digitale deve affrontare alcuni limiti strutturali.
Secondo la Scuola Sant’Anna di Pisa, comprare online è una scelta green solo quando il cliente deve percorrere oltre 15 chilometri per recarsi al punto vendita. Altrimenti, fatta la tara tra benefici e costi ambientali, conviene andare fisicamente nel negozio per acquistare il prodotto. Un altro tema riguarda la rapidità. Secondo il Massachusetts Institute of Technology di Boston, la consegna veloce tramite ordine online richiede un dispendio di energia tre volte superiore rispetto a quello tradizionale.
Questo accade perché una consegna così rapida coinvolge molti corrieri e quindi mezzi di trasporto, aumentando le emissioni di CO2. Lo stesso fenomeno accade con la politica dei resi, aumentati secondo alcune rilevazioni di oltre il 50% negli ultimi dieci anni. Il viaggio “andata e ritorno” dei prodotti aumenta i chilometri percorsi e quindi gli effetti negativi per l’ambiente.
La grande sfida del packaging
Uno dei problemi maggiori del commercio elettronico è l’impatto ambientale del packaging. Gli imballaggi dei prodotti ordinati online implicano un forte utilizzo di materiali come cartone e plastica. Secondo il consorzio Corepla, l’e-commerce ha rappresentato circa il 15% del totale della plastica immessa al consumo in Italia: il 200% in più rispetto a dieci anni fa. Inoltre, lo smaltimento dei diversi imballaggi di un prodotto ordinato online può arrivare a causare un’emissione di CO2 quasi 20 volte superiore rispetto alla stessa operazione fatta per la busta di un negozio fisico.

Perché l’inquinamento è un fattore di rischio per i tumori
L’inquinamento atmosferico è un fattore complesso da valutare, soprattutto in relazione a patologie con un’insorgenza lenta come quelle oncologiche. Quando infatti viene valutato il rapporto tra inquinamento e l’insorgenza di patologie in una determinata popolazione, si deve prendere in considerazione anche la presenza di altri fattori di rischio concomitanti, comportamentali (come il fumo di sigaretta e l’alimentazione), ambientali o genetici. In ogni caso è oggi appurato che l’inquinamento è estremamente pericoloso per la salute. Nell’inquinamento atmosferico, infatti, sono presenti sostanze (benzene, idrocarburi policiclici aromatici, ossidi di azoto e altre) che possono agire sul DNA delle cellule sane trasformandole in cellule cancerose.
Tra i tumori che risultano maggiormente associati all’inquinamento atmosferico ci sono tumore del polmone, tumore mammario, tumore della bocca e della gola, tumore della pelle non melanoma e tumore della prostata. Inoltre l’inquinamento, oltre alla possibilità di insorgenza di tumore, peggiora anche la prognosi di tumori già diagnosticati. L’impatto dello smog sul rischio associato alle patologie oncologiche è quindi importante, anche considerando il numero elevato di popolazione globale che vive in aree altamente inquinate.
Al 21/07/25 l’Humanitas conta 45.000 pazienti ricoverati.